Sicurezza e salute nel lavoro in appalto: se ne è discusso a Livorno in un convegno che ha visto la partecipazione anche di rappresentanti della CGIL provincia di Livorno.
Presentazione:
Nonostante una stima corretta del dato non sia ricavabile dalle fonti routinarie di rilevazione, l’appalto del lavoro sta diventando la realtà lavorativa più diffusa nella maggior parte dei contesti. Nessun comparto produttivo è escluso: metalmeccanica, chimica, manutenzioni, edilizia, pulizie, servizi di assistenza alle persone, servizi educativi e culturali, trasporti, commercio, agricoltura etc. In tutti i settori sono presenti lavoratori e lavoratrici che svolgono la propria attività in contesti organizzativi e strutturali non gestiti direttamente dal proprio datore di lavoro ma da figure intermedie di altre ditte, non solo della committente. Le complesse interazioni tra lavoratori di diverse ditte nello stesso ambiente di lavoro rendono pertanto indispensabile la comunicazione e la collaborazione con le figure della prevenzione di tutte le aziende che si trovano ad operare contemporaneamente. Tali situazioni rendono necessaria una articolata gestione della salute e della sicurezza dei lavoratori. La norma ricorda che il committente e l’appaltatore devono cooperare nell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro e coordinare gli interventi protezione, con lo scopo di eliminare i rischi derivanti dalle interferenze tra i lavori delle imprese coinvolte, ma quanto questo realmente accade?
E’ sufficiente che il committente elabori il DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi interferenziali), allegato al contratto di appalto e adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, con l’indicazione di tutte le misure adottate per eliminare o limitare i rischi per i lavoratori delle ditte in appalto? Proviamo a parlarne con operatori in grado di riferire quanto, nel concreto, possa essere effettivamente applicato e utilizzabile il modello normativo, le criticità e le proposte da mettere in campo per migliorare l’attenzione sulla salute e sicurezza dei lavoratori e lavoratrici in appalto, anche attraverso l’azione dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.
Vedi l’intervento dell’RLS Massimo Pachetti
LEGGI l’intervento di Patrizia Villa, segreteria confederale CGIL Livorno:
La questione sicurezza è stata normata con la D.lgs 81/08, successivamente il jobs act, con la legge delega del 2014 e gli otto decreti legislativi del 2015, è intervenuto modificando le forme di lavoro e la modalità con cui sono monitorati gli infortuni.
Dati INAIL ci dicono che nel 2015 si è registrata una diminuzione degli infortuni sul lavoro (meno 24 mila unità), ma al contempo si assiste all’incremento del 16,15% delle denunce di infortunio mortale che vedono un più 161 unità nei primi undici mesi del 2015. Dati che fanno presupporre che gli infortuni sul lavoro non vengono denunciati, mentre le morti non si possono nascondere.
La precarizzazione del lavoro si è accentuata aumentando, anche nei giovani, il senso di abbandono e influendo fortemente sulla dignità dei lavoratori: lavori di pochi mesi o addirittura giornalieri, che impediscono di far crescere la formazione e la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro.
I tempi di produzione serrati e sempre più sorvegliati aumentano la difficoltà a seguire le corrette procedure e, aumentando la stanchezza, abbassano il livello di guardia dei lavoratori.
Intervenire sanzionando le aziende che hanno molti infortuni sul lavoro ottiene il risultato di farli nascondere, non di migliorare il sistema.
Meglio sarebbe premiare i comportamenti virtuosi e monitorare, al fine di migliorare quelli carenti.
La sanzione, che deve essere severa, avverrà a seguito di un processo certo e supportato.
Dal 12 ottobre, al posto del soppresso registri infortuni, è stato istituito il SINP (Sistema informatico nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro), affidandone all’INAIL la gestione: il sistema ha la finalità di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi.
Il decreto istituisce anche un tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento del SINP, ma al tavolo non partecipano le organizzazioni sindacali.
Questa forma tecnica di affrontare i rapporti tra strutture amministrative e di controllo, e lavoratori (parte del popolo sovrano), va verso l’idea perseguita dall’attuale governo in carica, di rendere “leggeri” i contratti nazionali e di lasciare sul secondo livello le questioni più specifiche, lasciando sulle spalle dei lavoratori, resi deboli dal sistema, l’onere di fare accordi anche per la loro sicurezza.
Se questo funziona con grandi aziende che hanno compreso volontariamente l’importanza e l’utilità di un confronto ampio e costante con gli RLS e gli RLST, anche in funzione di siti di lavoro sempre più incrociati fra diverse forme di lavoro e appalti, non funziona con le aziende più piccole e con le piccole cooperative.
Marchiamo difficoltà sempre maggiori nel trovare e mantenere al loro posto gli RLS, che spesso esercitando il loro ruolo, entrano in scontro con i datori di lavoro rischiando il licenziamento.
Licenziare, dopo il jobs act, è semplice e con onere economico di modesta entità.
A niente vale che la legge tuteli e metta in condizione di esercitare la loro funzione gli RLS, sempre di più vengono ricattatti e resi ininfluenti. Gli si chiede di firmare ma non di partecipare.
Oggi non esiste la scelta fra lavorare bene e lavorare, si lavora in qualsiasi condizione e senza fiatare.
La questione da parte datoriale, troppo spesso si gioca semplicemente mettendosi al riparo dalle responsabilità che si scaricano sul gradino più basso del processo.
Il paese dei manager del merito e delle eccellenze accentra il potere ma non prevede di affrontarne le incapacità.
La riforma costituzionale in atto, ricentralizzando la sicurezza, mal interpreta il concetto di legislazione concorrente che non è, nell’accezione del titolo V, concorrenza di tipo liberista, ma interazione positiva fra indirizzo di governo, regioni e loro organi e strutture, è rispetto delle specificità.
Leggi l’intervento di Pietro Gambino, Referente Sicurezza e Salubrità Luoghi di Lavoro Fp CGIL Livorno
Nei servizi pubblici, soprattutto in ambito sociale, spesso si lavora in appalto, e sono numerosi i fattori che possono mettere a rischio la sicurezza dei lavoratori e di conseguenza quella degli utenti: la carenza di personale rende i carichi di lavoro eccessivi, gare d’appalto pubblicate con la sola finalità del risparmio portano alla compressione dei costi e al peggioramento delle condizioni di lavoro. In questa zona grigia potrebbe verificarsi il mancato rispetto delle norme di riferimento, anche i termini di carenza dei dispositivi di sicurezza previsti dalla legge.
Le RSA, in particolare, accolgono “ospiti” caratterizzati dalla loro fragilità e, insieme ai lavoratori, hanno diritto a consoni pavimenti, arredi, spazi minimi di vita e lavoro (ergonomia), e soprattutto hanno diritto a strutture, che in caso d’emergenza, garantiscano efficaci via di fuga.
La sicurezza si fonda sulla presenza di un numero adeguato di operatori dedicati alla cura degli utenti, affetti anche da patologie gravi, sia fisiche che psichiatriche e, inoltre, questi lavoratori troppo spesso sono costretti alla precarietà dell’appalto: ad ogni rinnovo, infatti, si vedono rimessi in discussione il posto di lavoro, il salario e i diritti acquisiti.
Infine la scaletta e le modalità di svolgimento di questa tipologia di convegni o seminari dovrebbe darsi come obbiettivo la valorizzazione dello spazio dedicato alle figure che in prima persona si fanno carico della prevenzione, sia degli infortuni, ma anche delle malattie professionali e della conseguente non idoneità dei lavoratori alla mansione o delle menomazioni o inabilità permanenti: gli R.L.S. , che sono essi stessi addetti al lavoro, quindi profondi conoscitori delle criticità, perciò capaci e affidabili propositori di soluzioni e di interventi . La proposta è, dunque, quella di far invertire per primi gli R.L.S. .