Il testo del Disegno di legge di Riforma del mercato del lavoro giunge in aula al Senato con diverse novità positive ed alcuni peggioramenti.Per la CGIL si può fare di più e meglio nella riduzione della precarietà e nell’allargamento in senso universale degli ammortizzatori sociali e nelle tutele nei confronti degli abusi. Il testo, ad oggi, non risponde alla necessità di riaprire per l’Italia una “prospettiva di crescita”, come pure recita il titolo del provvedimento, della quale il lavoro dovrebbe essere parte essenziale.La logica della riduzione dei costi che accompagna il provvedimento non dà alcuna garanzia alla stabilizzazione dei giovani nel mercato del lavoro e all’allargamento dell’occupazione femminile.
Per questi motivi la CGIL, non rinunciando all’idea che vi possano essere miglioramenti al testo, conferma la propria intenzione di presidiare la discussione del Disegno di legge sia al Senato che successivamente alla Camera dei Deputati. Sulle tipologie di lavoro, la CGIL apprezza il fatto che il compenso dei collaboratori a progetto non possa essere inferiore ai minimi salariali dei lavoratori subordinati equivalenti. Si tratta di una conquista importante in assoluto, a maggior ragione se posta in relazione con l’incremento del costo contributivo già previsto dal testo in entrata. Se analizzate congiuntamente con le “presunzioni di subordinazione” già previste dal testo in entrata, frutto del confronto tra parti sociali e governo, si pongono le premesse normative per un’importante opera di pulizia del mercato del lavoro dalle forme elusive di ricorso al lavoro autonomo, e al contempo di tutela efficace dei redditi per le collaborazioni genuine. Questo obiettivo però rischia di essere compromesso dalla normativa introdotta sul contrasto alle partite Iva fittizie: aver esentato da qualsivoglia presunzione di subordinazione il percettore di compensi superiori a 18mila € lordi annui (pari a poco più di 700€ mensili) significa aver impedito l’efficacia di un’opera di bonifica del mercato del lavoro dai comportamenti elusivi, cui si aggiunge il netto arretramento delle disposizioni sulle associazioni in partecipazione. Pertanto la meritoria azione verso le collaborazioni rischia di agevolare “fughe” verso tipologie meno protette, vanificando così il risultato ottenuto.
Quanto alle misure di contrasto alla precarietà, si nota con rammarico che il testo che giunge in Aula peggiora le disposizioni riguardo al già grave superamento dell’obbligo di giustificazione per il primo ricorso al contratto a termine o di somministrazione, raddoppiando il periodo “senza bisogno di giustificazione”a 12 mesi, o prevedendo in alternativa la possibilità per la contrattazione collettiva di disporre che fino al 6% dell’organico aziendale si possa evitare l’obbligo di giustificazione per il ricorso a rapporti a termine o in somministrazione. Significativa è la soluzione trovata sul ricorso al voucher in agricoltura che difende le conquiste storicamente raggiunte in materia di governo del mercato del lavoro, anche se è previsto l’allargamento nell’uso del voucher per le imprese commerciali e gli studi professionali. Sugli ammortizzatori, il tema decisivo della copertura universale di tutti i soggetti nel mercato del lavoro già eluso dal testo governativo, non risulta migliorato nella sostanza. Infatti l’allargamento ai collaboratori a progetto delle disposizioni sull’ASpI è rinviato al 2016 previa verifica della compatibilità economica. Per le imprese con meno di 15 dipendenti escluse dalla copertura della CIG si riscopre una vecchia disposizione di derivazione dal precedente governo che rovescia i rapporti tra provvidenza di fonte pubblica ( l’ASpI) e l’integrazione proveniente dalla bilateralità privata: è noto che sulla disposizione originaria (art. 19 legge 2/09) la Cgil ha promosso giudizio di costituzionalità pendente davanti alla Corte. Sugli ammortizzatori si tocca con forza il tema della scarsità delle risorse pubbliche impegnate per la “riforma”. Inoltre l’allungamento dell’età pensionabile e la riduzione della durata degli ammortizzatori (ASpI e mini AspI rispetto alla mobilità) rischiano di produrre una condizione acutissima di disagio sociale soprattutto in una fase di crisi recessiva. La disciplina sulla responsabilità solidale negli appalti contiene una positiva correzione al testo già peggiorato dalla legge sulle liberalizzazioni. Rimane comunque il rischio che si determini lo slittamento dei tempi e quindi un danno aggiuntivo per i lavoratori. Sulla disciplina dei licenziamenti, si riconferma il giudizio più volte espresso dalla CGIL. La correzione negativa, introdotta in Commissione, secondo cui in caso di esito inefficacie del tentativo obbligatorio di conciliazione, il licenziamento decorre retroattivamente dal giorno della comunicazione al lavoratore, e il periodo lavorato in costanza di tentativo di conciliazione viene “declassato” a periodo di preavviso, rappresenta un atto chiaramente vessatorio e di dubbia legittimità. La CGIL chiede pertanto, a conferma delle proposte già consegnate durante l’esame del provvedimento al Senato nel prosieguo dell’iter parlamentare di:
• rimuovere o comunque restringere significativamente i periodi che non necessitano di causale giustificativa nel ricorso ai rapporti di lavoro a termine;
• ripristinare le disposizioni restrittive sul lavoro intermittente;
• innalzare significativamente, fino a tre volte, il riferimento economico che esenta il titolare di P.Iva dalla presunzione di subordinazione ( da 18mila a 42mila Euro lordi annui);
• universalizzare effettivamente gli ammortizzatori sociali per tutti i settori e le tipologie di impiego, mantenendo la funzione integrativa della bilateralità contrattuale;
• rimuovere la retroattività del licenziamento in caso di esito negativo della procedura di conciliazione