Apprendiamo con preoccupazione l’allarme lanciato per la presenza di schiume gialle sul litorale tirrenico, dovute, pare, alla paraffina utilizzata per la pulizia delle stive delle navi.
Anche sulle navi esistono norme e piani sicurezza che non possono ignorare regole sullo smaltimento, come mai nessuno segnala le violazioni commesse?
Facile capire come il lavoratore ricattato non possa esigere la correttezza delle procedure.
Da sempre sosteniamo che chi crea danni debba pagare, specie quando colpisce i beni comuni. Un pensiero semplice quasi banale, che produce invece iter infiniti e interventi troppo spesso inutili o tardivi, oltre a costituire un costo aggiuntivo per la collettività. Un triste e consueto rituale quando si parla di ambiente e responsabilità a qualsiasi titolo.
Un’indagine è d’obbligo, la prevenzione un dovere.
L’individuazione dei responsabili, in un’epoca in cui le telecamere sono un occhio invisibile che vede ogni cosa, pare un obiettivo irraggiungibile. La tecnologia 4.0 deve interessare in primis le pratiche virtuose, non è possibile che per una contravvenzione automobilistica si usino telecamere, rilevatori, strumentazioni avanzate e non ci si attrezzi per un controllo adeguato su cosa incrocia i nostri mari. Notizie su nubi gassose, olii, saponi e rifiuti di ogni genere popolano i media da troppo tempo. L’educazione al rispetto dei beni comuni passa anche dall’efficienza ed efficacia di chi gestisce i processi.
Nello specifico attuale delle schiume gialle, il problema non è solamente il disturbo ai bagnanti e al turismo ma anche un dramma per le specie che popolano le zone interessate e le preziose aree protette.
Lo smaltimento, una volta che l’ARPAT ha verificato che i materiali non sono pericolosi per la salute, viene posto in braccio ai sindaci, quindi a tutti noi. Può questo trasformarsi in un ulteriore, preteso e obbligatorio aumento di carichi di lavoro per gli operatori ecologici? Ad avviso delle CGIL non serve perseguitare i lavoratori con richieste al di sopra delle loro forze, serve responsabilizzare, formare, investire ed eseguire controlli efficaci, non di facciata.
Potremmo anche pensare di risolvere con l’utilizzo della forza lavoro inerte, mortificata e senza prospettive.
Lavoratori in astensione forzata dal lavoro od ospiti dei centri immigrati, potrebbero eseguire la raccolta semplice, tutti ovviamente compensati adeguatamente con i proventi delle multe comminate ai responsabili.
Come mai tanti ostacoli per soluzioni che sono sotto gli occhi di tutti? Ci aspettiamo risposte adeguate e comprensibili, interventi corretti e responsabili da parte delle autorità preposte. Non polemiche, ma fatti e risposte.
Patrizia Villa responsabile ambiente segreteria CGIL Livorno