Infissi che lasciano passare non solo spifferi ma copiosi scrosci d’acqua; servizi igienici di uso promiscuo, “arrichiti” dalla presenza di inflorescenze vegetali; ferraglia, materiale cartaceo e oggetti di scarto accumulati nei corridoi e in locali privi di mezzi antincendio; il solaio della sezione detentiva “Transito” pericolosamente sostenuto da numerosi “cristi”: è solo un primo, parzialissimo elenco, delle numerose irregolarità in materia di tutela della sicurezza e salubrità sul lavoro riscontrate presso il carcere livornese de “Le Sughere” da una delegazione del sindacato FP CGIL, guidata dal segretario Mauro Scalabrini.
Certamente il carcere non può che essere un luogo difficile sia per chi è condannato a scontare una pena, sia per chi ci lavora, ma la quantità e “qualità’” delle carenze riscontrate dai rappresentanti CGIL, va ben oltre quanto in un paese civile si dovrebbe vedere.
Nessun problema di bilancio può infatti giustificare che gravi e diffuse carenze strutturali mettano a rischio la vita di detenuti e operatori in caso di emergenza; né possono essere tollerate minacce alla salute come, per esempio, la discesa lungo le pareti di acque sporche provenienti dalle docce detenuti, docce che, oltre ad essere insufficienti nei numeri, appaiono inoltre tanto sporche e fatiscenti da rendere preferibile praticare la cura della propria igiene personale evitando di metterci piede.
Una struttura, dunque, quella del carcere Le Sughere che, nel segno del rispetto dei diritti umani prima ancora che costituzionali, dovrebbe semplicemente essere chiusa per evitare a detenuti e lavoratori l’esposizione a rischi inaccettabili per la sicurezza e la salute loro, delle loro famiglie e dell’intera cittadinanza livornese.
L’intento della Delegazione CGIL della Funzione Pubblica è dunque quello di denunciare la gravissima condizione riscontrata, ma anche di sollecitare ogni istituzione preposta (l’Amministrazione Penitenziaria nelle persone del Provveditore Regionale e del Capo Dipartimento; l’Amministrazione comunale; le istituzioni del Garante dei detenuti Comunale e Regionale; la ASL livornese) a operare ogni intervento necessario per portare finalmente i diritti di cittadini e di lavoratori, oltre le mura di cinta del carcere livornese.
Mura che, intanto, hanno visto tornare a crescere il numero di detenuti presenti, tanto da aver reso necessario il ricorso alla “terza branda”, anche in celle che, secondo le norme successive alla ben nota “sentenza Torregiani”, prevederebbero al massimo la presenza di due detenuti per cella. Tutto questo mentre continua a diminuire il numero di operatori presenti sia di Polizia Penitenziaria, ma soprattutto del Comparto Ministeri e, in particolare degli Educatori, ridotti a tre sole unità, che dal prossimo 1° Luglio diverranno appena due, rendendo di fatto impossibile l’erogazione del servizio previsto.