Le RSU delle Camere di Commercio toscane e di Unioncamere Toscana aderiscono allo stato di
agitazione del personale del sistema camerale, proclamato a livello nazionale e regionale dalle
OO.SS. CGIL-CISL-UIL, ritenendo che la bozza di decreto delegato attuativo della riforma della
PA relativo alle Camere, circolata in queste ultime settimane, costituisca un grave tentativo di
ridimensionare il sistema camerale e portarlo ad un progressivo smantellamento, considerato che le
Camere hanno già dovuto subire un taglio della propria principale fonte di finanziamento, il diritto
annuale, in una misura che nel 2017 toccherà il 50%.
Le principali criticità individuabili nella bozza sono relative a:
1) riduzione delle funzioni svolte, lasciando alle Camere soltanto il registro imprese, gli albi e
registri, la tutela del consumatore, la vigilanza sui prodotti, la metrologia legale ed alcune
funzioni di assistenza e supporto alle imprese.
In questo modo non sarebbero più forniti, fra gli altri:
a) servizi di arbitrato, conciliazione e mediazione;
b) contributi e finanziamenti alle imprese;
c) sostegno all’internazionalizzazione;
d) sostegno ai consorzi di garanzia fidi;
e) deposito di marchi e brevetti;
f) servizi di statistica e studi economici;
g) supporto alle imprese per l’innovazione e la digitalizzazione;
h) rilevazione prezzi;
i) corsi di formazione;
j) alternanza scuola/lavoro.
Questo svuotamento di funzioni appare difficilmente comprensibile alla luce dei livelli di
efficienza, qualità e professionalità con le quali vengono svolte, che anzi dovrebbero
condurre il Governo a prendere le CCIAA come modello per la riorganizzazione della
Pubblica Amministrazione;
2) taglio del personale, nella misura del 15% su base nazionale per arrivare al 25% del
personale addetto alle funzioni di supporto nelle camere accorpate: considerato che il
sistema camerale impiega circa 10.000 lavoratori, si tratterebbe di circa 1.500 dipendenti
che rischierebbero di andare in esubero nelle Camere, per giungere fino a 3.500-4.000 nel
sistema camerale nel suo complesso. Tutto ciò appare particolarmente grave per due motivi:
a) attualmente i dipendenti camerali non sono a carico dello Stato, mentre con un
simile provvedimento andrebbero ad aumentare la spesa pubblica;
b) mancherebbe nel provvedimento una clausola di salvaguardia, sul modello di
quella prevista per le Province, che accompagni l’eventuale personale collocato
in esubero verso il ricollocamento;
3) accorpamenti: nella legge delega 124/2015 si prevede che con il riordino del sistema le
camere passino dalle attuali 105 ad un massimo di 60, con le conseguenti preoccupazioni
relative alle ricadute sul territorio in termini di servizi per la collettività locale e di posti di
lavoro a rischio. A tutto ciò la bozza in esame aggiunge il taglio delle sedi secondarie,
misura che non farebbe che aumentare l’impatto delle ricadute descritte;
4) unioni regionali ed aziende speciali: quanto delineato fa pensare ad una neanche velata
volontà di cancellarle. Mentre le aziende speciali potrebbero trovare la propria disciplina
nel decreto sulle partecipate recentemente varato, con clausole di salvaguardia del personale
di natura privatistica, abbastanza gravi appaiono i provvedimenti previsti nella bozza per le
unioni regionali, per le quali, mancando la volontà di mantenerne una a livello regionale,
sarebbe contemplata una sorta di progressivo accorpamento a livello interregionale, con
possibile ricollocazione in tale ambito del personale in esubero: a tale proposito giova
ricordare che le Unioni regionali delle CCIAA sono inquadrate nella Pubblica
Amministrazione e sono sempre state destinatarie di funzioni pubbliche, a norma del
decreto legislativo 165/2001 e come recentemente riconosciuto da un autorevole parere
del Consiglio di Stato.
La bozza di decreto di cui stiamo parlando ha quindi un contenuto fortemente discutibile da tutti i
punti di vista, e nella fattispecie andrebbe a danneggiare:
· le piccole e medie imprese, che sarebbero private di servizi svolti gratuitamente o con un
costo molto inferiore a quello di mercato;
· l’intero sistema delle imprese, poiché quei servizi sarebbero da ora in avanti reperibili
soltanto presso professionisti o associazioni di categoria a prezzi di mercato;
· in generale l’economia del paese, poiché l’adozione di provvedimenti legislativi volti solo
a tagliare servizi (senza peraltro comportare riduzioni della spesa pubblica!) provoca
inevitabilmente nei consumatori aspettative negative, con conseguente ulteriore
compressione della domanda interna;
· i dipendenti del sistema, lasciati in una situazione di incertezza, con la prospettiva di una
mobilità di due anni con possibilità di licenziamento in caso di mancato ricollocamento.
Per tutte queste motivazioni, le RSU delle Camere di Commercio toscane e di Unioncamere
Toscana chiedono con forza che:
1) sia mantenuto il ruolo pubblico delle Camere di Commercio e delle loro Unioni, quali
enti che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese e del territorio
senza gravare sul bilancio dello Stato, anzi versando ad esso parecchi milioni di euro sotto
forma di risparmi conseguenti alla spending review e alla propria attività sanzionatoria;
2) siano aumentate, e non ridotte, le funzioni svolte dalle Camere e dalleUnioni, visto che
hanno sempre dimostrato di gestirle in modo efficiente ed economico, in cambio di una
minima partecipazione economica per le imprese sotto forma di diritto annuale;
3) come previsto dalla legge delega 124/2015, siano mantenuti gli attuali livelli
occupazionali in tutti gli organismi del sistema camerale: questo consentirebbe anche di
evitare una assurda dispersione di competenze e professionalità maturate negli anni dal
personale camerale.
Da ultimo si segnala che venerdì 5 febbraio presso l’auditorium di Santa Apollonia a Firenze si
terrà un’assemblea regionale di tutti i dipendenti delle Camere di Commercio toscane, promossa
dalle OO.SS CGIL-CISL-UIL Toscana, alla quale sono stati invitati anche i vertici politici della
Regione Toscana e i parlamentari eletti sul territorio.