L’esclamazione BASTA! che abbiamo scelto per raccontare questo sciopero generale è una parola che viene dal greco arkèo, significa ‘essere a sufficienza’, vuol dire che la misura è colma, che è arrivato il momento di mettere fine a qualcosa, che si è carichi e pieni abbastanza per poter scrollarsi tutto di dosso e risollevare la testa. Ed a tutti i BASTA che i compagni e le compagne hanno pronunciato da questo palco io voglio aggiungerne un altro. BASTA! CON LO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO PRECARIO. Ne abbiamo abbastanza dei contratti d’inserimento aziendale, di quelli d’apprendistato, dei contratti a progetto, degli ex-interinali, dei nuovi contratti a cottimo, dei tirocini infiniti, non ne possiamo più di tutte quelle forme di sfruttamento subordinato e parasubordinato che costringono intere generazioni alla schiavitù contemporanea del lavoro. Ci hanno fatto schiavi del presente, donne e uomini incerti del futuro, ci hanno ridotti a lavoratrici e lavoratori poveri di passato. Siamo schiavi del presente perché imprigionati in una dimensione unica, una dimensione che guarda all’oggi perché il salario non basta, la malattia è penalizzata, la maternità negata, perché il lavoratore precario è schiavo delle aziende, degli imprenditori che possono ricattarlo, della pubblica amministrazione che lo sfrutta. Siamo donne e uomini incerti del futuro perché per noi il futuro non esiste. Vi prego di provare a fermarvi un attimo su questa frase entrata ormai nel lessico delle espressioni comuni. Se io non so per quanto tempo lavorerò, se non so se quello che faccio adesso potrò farlo ancora, se non so dove andrò a vivere per campare allora, non solo sarò schiavo dell’oggi, ma quello che faccio adesso perderà di senso. Noi siamo lavoratrici e lavoratori senza futuro e dunque siamo poveri di passato. Le nostre carriere non hanno storia. Abbiamo studiato, ma per molti di noi non è servito a niente. Abbiamo imparato un mestiere, ma per molti di noi non è servito a niente. Ma ora i tempi vanno cambiando. Adesso non è più come prima. Del precariato si sa tutto, conosciamo le sue miserie, del lavoratore precario conosciamo l’età, sappiamo che non può comprarsi una casa, pagare l’asilo per i figli, abbiamo costruito un’intera narrazione, un complesso racconto sopra la sua figura, lo abbiamo ritratto nelle sue debolezze, come un perenne sfigato del futuro, disposto a tutto. La narrazione è stata strumentale all’idea di indebolirlo nel momento in cui lo compativa, in cui tutti lo difendevano, mentre ognuno ha contribuito a crearlo. Bene. E’ ora di dire BASTA! E’ ora di dire che non siamo più disposti a tutti. E ora di iniziare a raccontare un’altra storia: di riscatto, di dignità e di lotta. Una storia in cui le nuove generazioni di questo paese si riprendono gli spazi, rilanciano un’idea diversa di società, una storia in cui esse si alleano ai loro padri ed ai loro nonni, scendono in piazza con gli operai, col proletariato delle partite IVA, con i migranti che salgono sulle grù, con i braccianti dell’agricoltura. Ma per quanto pensate si possa reggere un paese così: che sfrutta le giovani generazioni, che non garantisce loro un’occupazione dignitosa, che non si occupa del 30% di disoccupati tra i 15 e i 24 anni, che taglia i fondi alla scuola e all’università e aumenta i finanziamenti alla scuola privata, che non ridistribuisce la ricchezza e protegge l’evasione fiscale, che difende i ricchi e i padroni, ma che riduce i servizi e le tutele dello stato sociale. Per quanto pensate possa durare un paese così? Poco durerà. Adesso Basta! Rialziamo la testa.
Speciale Voci dalla Piazza… Marco “Non siamo più disposti a tutto”
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abbiamo di fronte un filo di speranza finalmente…rimbocchiamoci le maniche c’è tutto da ricostruire….bravo marco