Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una tragedia evitabile: due giovani lavoratori trentenni hanno perso la vita nell’esplosione alla fabbrica Toyota, e altri undici sono rimasti feriti. Il nostro pensiero va alle famiglie distrutte, ma non possiamo limitarci a esprimere cordoglio. Questa tragedia è l’ennesimo segnale di allarme che suona inascoltato da troppo tempo: la sicurezza sul lavoro in Italia è trattata come un problema secondario, ignorato fino al momento in cui diventa inevitabile contare i morti e i feriti. Il tema della sicurezza non può e non deve limitarsi ai momenti di emergenza.
I controlli ispettivi, che dovrebbero essere il pilastro della prevenzione – frutto di tagli alle risorse economiche che hanno ridotto il personale – sono spesso rari, incompleti e, in molti casi, inefficaci. Troppo spesso passano le violazioni, fino a quando non si verifica l’irreparabile. Dove erano le ispezioni? Dove erano i controlli che avrebbero dovuto garantire la sicurezza di quei lavoratori, ora ridotti a statistiche tragiche? Non possiamo continuare a trattare i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) come figure puramente burocratiche, strumenti formali senza reale potere. Gli RLS dovrebbero essere protagonisti attivi nella tutela dei diritti dei lavoratori ma troppo spesso vengono ignorati, isolati, o addirittura ostacolati nel loro compito. Essi sono percepiti come meri “spunti” per adempiere obblighi legali, piuttosto che come sentinelle fondamentali per prevenire tragedie come questa.
Questa superficialità e questo disprezzo per la sicurezza non sono tollerabili. Quando le aziende e le istituzioni trattano la vita dei lavoratori come un costo da minimizzare, siamo tutti complici del fallimento. È essenziale rafforzare i controlli, rendere i RLS interlocutori veri e ascoltati, e non relegarli a un ruolo simbolico. Dobbiamo dare loro strumenti concreti per intervenire, risorse per vigilare, e soprattutto, un sistema che li supporti, non li ignori. Non ci sono scuse. Non è una fatalità. È il risultato di un sistema che antepone i profitti alla vita umana. Esigiamo risposte e non ci fermeremo finché non verrà fatta giustizia per queste vittime. Ma soprattutto, chiediamo che questa giustizia passi attraverso una vera riforma della sicurezza sul lavoro, che non sia più solo una pratica di facciata, ma una reale protezione per chi ogni giorno entra in fabbrica per guadagnarsi da vivere, non per perderla. Basta chiudere gli occhi.
Stefano Santini Segretario generale Filctem-Cgil Livorno