Oltre l’80% dei lavratori dello stabilimento Eni di Livorno hanno aderito allo sciopero di ieri martedì 29 luglio. Presidio a Livorno e manifestazione Roma a Montecitorio. Una principalmente la domanda: se il governo è l’azionista di maggioranza di ENI perché non indica a Eni la strada che non può essere quella delle dismissioni e dell’abbandono dell’Italia. Camusso ha sfidato ancora una volta il governo ad attuare il primo, vero cambiamento di cui l’Italia ha bisogno: il lavoro. Lavoro che va difeso, come nel caso di ENI, ma va anche creato con investimenti. “Invece di intascare i dividendi cui ha diritto in qualità di azionista di maggioranza – ha gridato Camusso dal palco-, il Governo dovrebbe farli utilizzare ad Eni come investimento”. I lavoratori in piazza erano preoccupati e allarmati. “Senza la chimica, senza la raffinazione, che razza di paese industriale può mai essere l’Italia?
Lo sciopero è stato deciso dalle segreterie di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil a seguito dell’annuncio shock di Eni di mettere in discussione l’impianto startegico dell’industria chimica e della raffinazione in Italia. Anche lo stabilimento di Stagno è stato bloccato per l’intera giornata ed si è svolto un presidio con volantinaggio dalle 8 alle 10. Nel pomeriggio inoltre si è tenuta una manifestazione di fronte a Montecitorio alla quale ha preso parte anche una delegazione di lavoratori livornesi. “Capiamo la crisi, i consumi ridotti, gli impianti di stoccaggio pieni ele perdite ma per invertire il trend bisogna che gli investimenti vengano rilanciati non che si esca dal mercato” spiega Fabrizio Musto segretario generale Filctem Cgil Livorno. Ridimensionamento significa ridotta occupazione e dunque ulteriore crisi”. “Chiediamo subito un incontro al premier Renzi il cane a sei zampe non può lasciare l’Italia”.